Per l’alto mare aperto…

Non c’è poeta che non l’abbia usata per definire la propria concezione della vita o la condizione di fragilità e di caducità di ciascun uomo.

Per non parlare dei pittori, che ne hanno fatto un simbolo, un’icona dell’esistenza stessa.

Esiste immagine più evocativa e poetica di un veliero che solca le acque del mare?

E quanti quadri di barche, naufragi, navi nella tempesta abbiamo visto, dai pittori fiamminghi del Seicento a Turner, da Gericault ad Ajvazovskij, da Friedrich a Homer?

Come pittore il soggetto mi affascina da sempre e in questa estate torrida mi sono cimentato con “l’alto mare aperto”.

Da una riva delle sue acque stava il periodo che stiamo vivendo, tra pandemia e guerra, emergenza climatica e crisi energetica.

Dall’altra parte del mare, nello stesso istante, le sponde di un’altra dimensione, anch’essa reale, ma alternativa. Forse migliore. Forse fatale.

In mezzo, io e il mio veliero. A volte in favore di vento, a volte contro.
E la tela su cui farlo navigare.

Questo fa l’arte, del resto: non si sostituisce al mondo reale, ma piuttosto lo espande, vi aggiunge dimensioni di conoscenza e ambiti di emozioni, deforma il tempo e lo spazio.

Per farli viaggiare, entrambi, sotto la spinta incessante di un vento immanente. Quello dell’avventura.

Vi aspetto, Gerri

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